Libera riflessione notturna intorno ad un palo per bici
Pescara – Domenica 7 dicembre. Stamattina c’è il sole e allora si esce in bici per un giro in compagnia lungo le colline teatine. Nel pomeriggio il tempo si mette brutto: pioggia, freddo e viene giù anche un po’ di malinconia. La sera, cena per la fine del corso di formazione di giornalisti free lance organizzato da quelli di Pescaranews. Come vado, in bici o in auto? Mi affaccio alla finestra e scorgo la luna: bene, si esce in bici.
L’appuntamento è davanti all’ex cinema, poi si va in pizzeria: siamo in dieci. Lego la mia due ruote ad un palo davanti al locale. La serata scorre piacevole, la fame è tanta e la pizza è buona. Finiamo prima del previsto, e allora cambiamo locale per chiudere con un dolce. Non ci spostiamo di molto: lascio la mia bici legata al palo. Tra racconti, storie e nuove confidenze, l’atmosfera si scalda un po’, ma il tempo passa e si fa tardi: per alcuni, me compreso, arriva l’ora dei saluti.
Torno alla bici e mi appresto con calma a sistemare le varie cose: cappello, casco, catena, lucchetto. Mentre mi attardo nelle varie operazioni, mi accordo che a pochi metri da me c’è un individuo, fermo, appoggiato alla sua bici che tiene di fianco. È un cinese e ho la sensazione che mi stia guardando, anzi, mi sta proprio fissando: sembra indugiare, come se aspettasse qualcosa … Pochi secondi e capisco: vuole il palo per la sua bici. “Però” penso, “è come per le auto: stai girando da un pezzo per trovare un posto, poi finalmente vedi qualcuno che sta andando via, ti fermi lì nei pressi, come per prenotare, e aspetti che si liberi il posto”.
I miei tempi non sono solleciti, e allora tolgo intanto la catena, sposto la bici indietro e libero il … palo. C’avevo visto giusto: lui si avvicina con la sua mountain bike e l’assicura al presidio metallico con una fune d’acciaio, di quelle un po’ a gomitolo. Mi sistemo, ormai un po’ scostato dalla scena: adesso lo osservo io. La bici non è un granché, ma noto che toglie la sella e se la porta via. Attraversa la strada e si infila in un portone quasi di fronte: abiterà lì e quindi ha parcheggiato sotto casa, al solito palo, il suo posto bici.
Mi guardo un po’ intorno e noto che in zona, lungo il marciapiede, di pali ce ne sono diversi, alcuni liberi, altri occupati, ma di rastrelliere, ovvero di stalli presidiati per bici, non ne vedo. Siamo in Via Cesare Battisti; c’è un cantiere aperto e ci sono lavori in corso, come anche nella piazzetta del mercato. Saranno le 23,00, è pieno di ragazzi, e anche di bici.
La zona profuma di pedonale: definire, realizzare, allestire spazi dedicati alla sosta presidiata per le biciclette significherebbe manifestare attenzione al futuro, a nuove esigenze, a nuovi scenari, a nuovi modi di muoversi. Ma gli strumenti del presente, epoca a cui i ragazzi di questa notte appartengono, specie quelli in bici, sono ancora i pali, quelli della segnaletica stradale, del divieto di sosta, dello stop, del senso di marcia, dell’attraversamento pedonale, a cui ogni ciclista assegna con speranza l’impropria funzione di deterrenza al furto.
Saranno piccole questioni di mobilità urbana, ma che stanno dentro un orizzonte di civiltà che va alzato.
Giancarlo Odoardi