PESCARA – Una trasferta in bicicletta tutta da raccontare quella vissuta stamattina per partecipare ad una conferenza presso l’Università.
Entrando e uscendo dalle poche piste ciclabili presenti lungo il percorso, all’andata mi imbatto in un camion di Mondo Convenienza fermo sulla pista ciclabile nel tratto terminale di Via D’Annunzio. Il mezzo è incustodito e non c’è nessuno nei paraggi con cui lamentarsi. Non mi resta che fotografare, imprecando le solite cose.
Arrivo all’università: parcheggio la bicicletta in uno stallo interno mezzo vuoto e penso al bike park che ho visto anni fa davanti all’Università di Groningen, in Olanda. Sospirando penso: “Nessun confronto possibile”.
Vado dentro: alla conferenza partecipano circa 300 persone: ma come saranno arrivati tutti questi? A piedi, in autobus, in moto … in bici sicuramente no!
Fine della conferenza. Esco e ritrovo la mia bicicletta in compagnia di altre cinque in uno stallo che ne può contenere al massimo 20, il che mi conferma che quasi nessuno dei partecipanti è venuto in bici.
Sconsolato torno a casa, passando sulla pista ciclabile che si trova sul marciapiede di Viale Pindaro. Neanche cento metri e trovo due macchine parcheggiate sul tracciato. Mi fermo per scattare qualche foto. Mi preoccupo di piazzare la bici davanti alle targhe in modo da oscurarle (ma perché queste premure?). Dal locale adiacente escono minacciosi due signori “maturi”, uno dei due claudicante per un infortunio. Mi chiedono cosa stia facendo e mi intimano di non fare foto alla targa. Spiego che la loro macchina è parcheggiata sulla pista ciclabile. Mi rispondono che erano entrati lì da 5 minuti, che non si trovava posto, e quello più agguerrito ci aggiunge uno “st….o” e mi infila il suo tripode sul mio piede sinistro, sentenziando che se gli arrivava una multa per me erano guai: avrebbe chiamato i … vigili! Non perdo la calma e rifaccio il punto della situazione rendendo evidente il loro torto. Mentre rimonto in bici, uno dei due, bofonchiando maledizioni, prende le chiavi, entra in macchina, mette in moto,e va a cercare un altro posto.
Neanche cinquanta metri dopo, sempre sulla stessa pista ciclabile, un camion fermo. Di fianco, sulla strada, due uomini intenti a stendere dei cavi all’interno di un tombino. Chiedo se il camion è loro e spiegazioni della loro sosta; uno dei due, senza tanto guardarmi, dice che invece di parcheggiare in doppia fila ha ritenuto opportuno farlo sulla pista ciclabile. Di cosa mi sorprendo? Faccio la foto e vado via.
Ecco, ho appena superato Piazza Ovidio e sono all’ingresso della pista ciclabile su via D’Annunzio. Dietro l’edicola altra macchina parcheggiata. Non è possibile! Mi fermo di nuovo: vedo che all’interno c’è il conducente. Intanto faccio la foto, e poi vado a cercare spiegazioni. Il finestrino si abbassa, dentro la macchina una giovane donna intenta a telefonare: chiedo spiegazioni. Mi dice che sta aspettando la madre che ha difficoltà a camminare; lei arriva di li a poco, certamente anziana, ma mi sembra che si muova più che bene. Ritorno alla donna e le chiedo se ha capito bene il concetto: lei mi risponde di sì, scusandosi. Fine.
Prima una considerazione: ha ancora senso ricordare che per una legge dello Stato dello scorso “secolo” luoghi come l’Università, ma anche il Comune, l’Ospedale, il Tribunale, ecc. devono dotarsi della figura del Mobility Manager per gestire i flussi di ingresso e di uscita dei dipendenti per gli spostamenti casa lavoro? Si corre forse il rischio che in questi luoghi, a cui aggiungerei anche la Stazione ferroviaria, le Scuole, e chi più ne ha più ne metta, gli stalli per biciclette diventino … troppi?
Ed ora le conclusioni. È in discussione in questo periodo presso le commissioni parlamentari il nuovo testo del codice della strada. A questo punto il suggerimento che viene da Pescara potrebbe essere:
“Sulle piste ciclabili è fatto divieto di parcheggio, escluse le seguenti categorie:
– personale di Mondo Convenienza che deve consegnare mobili;
– persone che entrano in un qualsiasi locale e si trattengono per cinque minuti;
– operatori che tendono cavi e che opportunamente non parcheggiano in doppia fila;
– persone che attendono familiari con un minimo, presunto, grado di disabilità.”
Che altro?
Giancarlo Odoardi – Presidente FIAB Pescarabici
Questo non fa altro che confermare quello che vado ripetendo da anni ,a che serve la pista ciclabile quando non si riesce ad educare i patentati ad un atteggiamento più legale sulla strada? Una quindicina di giorni fa ho lasciato la pista ciclabile dopo aver evitato un paio di investimenti di cui l’ultimo era un bambino ….siccome era alla fine prima del ponte ho visto parcheggiata una volante ,quindi ho fatto notare l’inutilità della pista quando viene usata per portare a spasso cani ,donne con passeggini ,gente che attraversa all improvviso ,per risposta ho avuto una scrollatina di spalle .
Bene, efficace riepilogo di ciò che quotidianamente vivono i ciclisti pescaresi, è un dato di fatto. Ma se preso come un dato di partenza mi pongo la domanda: cosa possiamo fare per sollecitare un cambiamento? a parte riprendere di volta in volta il cittadino o l’automobilista “poco sensibile” (rischiando di trovarsi a dover discutere!) a mio avviso bisogna dare forza a politici e forze dell’ordine affinché applichino il controllo dovuto sul rispetto delle piste ciclabili. Pescarabici fa questo da tempo ed in molti modi, ma dovrebbe esserci una forma diffusa di dimostranza tipo: inviare sul momento le foto degli abusi al sito (o wathsapp (?!)) dei vigili e del sindaco, più sarebbero le segnalazioni maggiore sarebbe l’impegno delle istituzioni, no?…Si può fare/diffondere? Gabriele