di Monica Nanetti
autrice del blog SE CE L’HO FATTA IO
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Ci sono giornate così piene di cose che quando arrivi alla sera ti pare che sia passato un secolo e fatichi quasi a ricordarti quello che è successo poche ore prima. Ecco, oggi è stata una di quelle.
Prima parte: la Ciclovia dei Trabocchi al suo massimo splendore, lungo la costa che da San Vito ci ha portate fino a Vasto. Tanto più che oggi, tanto per cambiare, soffiava un vento da portar via e questo rendeva il tutto molto più spettacolare: cavalloni sul mare, grandi nuvole che si rincorrevano nel cielo, una luce straordinaria e quel profumo di salmastro che ti dà subito la sensazione di vacanza e libertà. Confesso che una simile descrizione poetica deriva anche dal fatto che, incredibilmente, il vento soffiava a nostro favore e questo ci permetteva di procedere molto più baldanzose della nostra media; se lo avessimo avuto in faccia, quella specie di tornado, il mio racconto sarebbe stato assai meno entusiastico.
Dei trabocchi vi ho già raccontato ieri, oggi invece vi dico della riserva di Punta Aderci, una vasta area naturale a nord di Vasto con panorami straordinari tra mare e vegetazione selvaggia, attraversata solo da percorsi per ciclisti e camminatori. Un vero spettacolo, anche se per poco il vento non mi strappava di mano il telefonino con cui stavo fotografando.
Fin qui, la parte positiva. Ma c’è anche qualche però. Il primo, a cui avevo già accennato, è la quantità di interruzioni e deviazioni non segnalate che rendono la ciclabile una specie di colabrodo, costringendo a uno zigzagare esasperante tra il bordo del mare e la solita Statale Adriatica; il tutto, come dicevo, senza indicazioni di sorta: a un certo punto ti trovi la strada sbarrata e devi tornare sui tuoi passi finché non trovi una traversa che ti porti verso l’interno e la statale; oppure, come è successo oggi, quello che è un comodo percorso asfaltato e a doppia corsia prima si interrompe e diventa una strada sterrata, poi un viottolo su sterrato decisamente più duro e difficoltoso, poi un sentierino tipo single track e alla fine – ma solo dopo paio di km – scopri che uno smottamento ha fatto crollare in mare parte del percorso (a questo punto piuttosto che tornare indietro abbiamo spinto a mano le nostre bici su per un uliveto quasi verticale fino a raggiungere la carrozzabile). Ora, io non dico che non possa succedere che una mareggiata spazzi via parte del percorso: sono cose che succedono e i tempi di manutenzione possono non essere velocissimi. Però, se hai fatto una ciclovia che è l’orgoglio della tua regione, uno straccio di cartello per avvisare e indicare il percorso alternativo ce lo vorrai mettere?
Sempre a proposito di cartelli, le indicazioni della ciclovia non mancano solo in caso di modifiche o imprevisti: non ci sono proprio. Mai. Il che non è un problema finché il percorso prosegue rettilineo a bordo mare. Ma ci sono invece punti in cui le cose si fanno più complicate e un minimo di segnaletica sarebbe indispensabile. Stiamo parlando di investimenti minimi, per una ciclovia vincitrice di premi (“Italian Green Road Award, il premio Oscar del cicloturismo”); anche perché non risultano disponibili neppure tracce gpx aggiornate, a quanto mi risulta.
Altrimenti il risultato finisce con il portare a scene come quella a cui abbiamo assistito oggi a Punta Aderci. Che, come dicevo, è un promontorio di rara bellezza, una delle maggior perle dell’intero percorso. Bene, in questi giorni abbiamo spesso incrociato un gruppo numeroso di cicloturisti californiani che erano il sogno di qualunque destinazione turistica: non giovani, in sella a bici e tandem di altissimo livello, evidentemente si avvalevano di un’organizzazione che si occupava del trasporto bagagli a fine tappa e di riservargli hotel di ottima qualità. Peccato che poi ‘sti poveretti si trovassero a combattere con le varie incongruenze del percorso senza riuscire a raccapezzarsi, con scene anche un po’ comiche. Subito prima della strada che porta a punta Aderci, in assenza di altri cartelli, compare un generico segnale “pista ciclabile”: che viene subito seguito con entusiasmo da tutti i ciclisti, che si avventurano lungo la costa per arrivare dopo 500 metri a una piccola rotonda che finisce nel nulla e li rispedisce pari pari indietro al punto di partenza, come una specie di giostra. La strada giusta, quella che consentiva di visitare la riserva, era seminascosta un po’ più avanti (e confusa, anche più oltre, in una serie di bivi non facili da interpretare). E così, in assenza di un qualsiasi segnale, freccia pitturata per terra, cartellino indicatore con la scritta “Abruzzo Bike to Coast”, I poveri americani sono tornati indietro fino al punto in cui sapevano di imboccare la statale, perdendosi uno dei tratti più memorabili del percorso e pedalando per vari in a fianco di auto e camion.
In sintesi: questo itinerario è davvero stupendo, i luoghi sono vari e ricchi di natura e cultura, gli abruzzesi sono accoglienti e simpaticissimi, si mangia divinamente… insomma, è un viaggio che merita. Ma da qui a sostenere che esiste una vera “ciclovia”, ce ne corre; e non portare a termine questo lavoro, almeno per le parti che richiedono investimenti meno onerosi (tipo la segnaletica o tracce gpx affidabili) è un gran peccato, e pure uno spreco delle molte risorse impiegate fin qui.
Comunque, siamo arrivate alla seconda parte del nostro viaggio. Perché, come raccontavo prima della partenza, si è creata l’occasione per una gustosissima appendice: sta infatti per arrivare alla meta finale la grande carovana del “Road to Rome 2021”, il cammino-evento da Canterbury a Santa Maria di Leuca organizzato dall’Associazione Europea Vie Francigene di cui sono stata nominata ambassador, e con cui ho percorso in agosto il bollente tratto della pianura padana. Essere presente nelle due tappe finali (questa volta a piedi, non in bici) era un’idea troppo bella per lasciarsela scappare.
Così, una volta a Vasto, abbiamo caricato le nostre bici su un trenino locale fino a Termoli; abbiamo affidato i nostri due fedeli mezzi a uno spedizioniere che ce li trasporterà a Milano e siamo salite su un nuovo treno alla volta di Lecce, dove pernottiamo e da dove domani ci sposteremo alla volta di Otranto, dove non vedo l’ora di rincontrare gli amici del Road to Rome.
Nel frattempo, seppure sotto la pioggia, Lecce si conferma una città dalla bellezza stupefacente, con il suo centro storico di grandi palazzi barocchi, piazzette nascoste e stretti vicoli, in un’atmosfera magica.
Domani si prosegue, e intanto il viaggio continua a regalarci esperienze davvero fantastiche. Mi convinco sempre più che di casa e muoversi per il mondo sia la scelta migliore, ogni volta che sia possibile.